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Firenze, 21 Dicembre 2024 (Sabato)
LE SPADE DI SINRASIL

Capitolo 10
Il vecchio Agas

Ecyl pianse amaramente. Aveva appena saputo che Vincent e sua moglie non erano i suoi veri genitori. Amava, però, il vecchio come un padre e il suo dolore per la perdita sembrò, in ogni modo, insopportabile. La stessa sua vita sembrò, in quel momento, vuota, inutile e senza senso. Nel giro di pochi giorni aveva perso le persone che più amava al mondo: suo padre e Nim. Aveva anche perso la sua casa: la capanna, dove aveva vissuto fin dall’infanzia, era ora solo un cumulo di cenere. Il vecchio Vincent gli aveva, però, lasciato un’eredità, una nuova speranza. Doveva cercare i suoi veri genitori e capire perché l’avessero abbandonata in una cesta sul fiume.

Compose il corpo di Vincent Chawt sopra una pira, raccolse i pochi oggetti del vecchio, che si erano salvati dalle fiamme della capanna, e li dispose, con cura, accanto a lui. Voleva che li portasse con sé.

Lo vide steso sulla pira funebre, come lo aveva visto per tanti anni sul lettino. Sembrava, semplicemente, addormentato nel suo giaciglio. Avvertì una fitta al cuore. Il suo cuore cercò di convincersi che Vincent stesse solo dormendo. La ragione era, però, di parere opposto, spietata. Si avvicinò alla pira e baciò il vecchio sulla fronte, poi si sollevò ritta e proferì, ad alta voce, con un velo di tristezza che ne incrinò il tono: «Anche tu sarai sempre mio padre, e così ti porterò nel mio cuore! Buon viaggio, che gli dei accolgano la tua anima» e, così detto, incendiò la pira con una torcia.

Reso l’estremo saluto a suo padre, la frenesia e la paura guidarono il suo istinto: doveva agire in fretta! I soldati tamrai, secondo suo padre, si erano diretti a Filla, ma potevano anche tornare. Doveva recuperare tutti gli oggetti che le rimanevano: quelli che si erano salvati dalle fiamme e quelli nascosti nella base del pozzo.



Il libro dell'Albero Sacro

Ispezionò il pozzo e individuò, ben presto, la pietra che chiudeva la nicchia. Con il pugnale scavò intorno ad essa e la rimosse. All’interno trovò un libro dal titolo “L’Albero Sacro” a firma del mago Agor Asrander. Una cosa, però, colpì la sua attenzione: sotto il titolo era incisa una runa, la stessa che aveva visto sulla spada di Nim. Era una semplice coincidenza, non conosceva il significato della runa, ma il cuore sembrò non essere d’accordo e iniziò a battere forte. Aprì il tomo, girando la copertina, e rimase completamente senza fiato: nella prima pagina del libro c’era il ritratto della stessa donna che aveva visto nel dipinto dello zaino di Nim. La dedica, però, aveva una natura ben diversa: “alla mia cara e dolce bambina, che questo libro ti accompagni piccola Ecyl. Tua madre Ezianne”. La donna era dunque la sua vera mamma! Lo sbalordimento fu, ben presto, soppiantato dal dolore: allora Nim era suo padre? Si era innamorata di suo padre?! Lui non la ricambiava perché forse sapeva. Allora anche lui l’amava, ma come si ama una figlia. Perché, però, non gli aveva detto niente? Richiuse il libro in preda all’angoscia, iniziò di nuovo a singhiozzare. Quali altre cose aveva ancora in serbo, per lei, il destino?

Nella dedica c’era scritto il suo nome. I suoi genitori adottivi avevano quindi letto il libro. Ecyl ricordò, però, che né il vecchio Vincent, né sua madre sapevano leggere. Era una coincidenza che fosse stata chiamata Ecyl? Forse avevano fatto leggere il libro a qualcuno.

Smise di pensare perché la testa parve volerle scoppiare. Non riusciva più a contenere quelle novità, arrivate tutte insieme. Anche il suo cuore sembrò, inoltre, voler scoppiare soccombendo alla ridda d’emozioni e sentimenti che in quel momento provava. Raccolse, in fretta, il fagotto posto accanto al libro. Lo svolse: conteneva svariati oggetti e monili, tra cui una ventina di monete d’oro e un anello con uno splendido zaffiro triangolare. Notò che era del tutto uguale alla pietra incastonata nel pomolo della spada di Nim. Non poteva essere un’altra coincidenza, questo confermava un ulteriore legame con Nim. Ora sapeva qual era questo legame: Nim era suo padre. Guardò a lungo l’anello rigirandolo tra le dita. Era di pregevole fattura e quello zaffiro aveva davvero un fascino particolare. Fu come ipnotizzata dal gioiello e non resistette alla tentazione di metterlo al dito. Una sensazione, mai provata prima, la pervase. Sembrò che qualcuno o qualcosa fosse in contatto con la sua mente. Ecyl ebbe un momento di smarrimento. Si fermò per lunghi minuti senza fare più niente.

Poi si riprese e non diede più importanza alla percezione avuta. Lasciò gli altri oggetti nel fagotto che mise, insieme al libro, nello zaino sulla sella di Bora. Saltò in groppa al cavallo e lo spronò verso la discesa in direzione di Caer Belfrot.

Fermò, però, quasi subito la cavalla quando pensò alle persone del villaggio a lei care: il vecchio Agas e Yelda. Tornò sui suoi passi e si diresse verso la capanna di Agas. La raggiunse in breve tempo: ma il vecchio non c’era.

Andò allora a casa di Yelda. Quando varcò la soglia, trovò uno spettacolo allucinante. La vecchia giaceva riversa a terra con la gola tagliata. Negli occhi, ancora spalancati, era impresso tutto il suo orrore. Accanto a lei c’era la povera Akemi, trafitta da due frecce tamrai.

«Maledetti!», urlò, «Pagherete anche per questo!»

La ragazza iniziò a tremare, rimase in preda allo shock per svariati minuti: infine la sua mano corse, in modo quasi istintivo, sulle palpebre della vecchia e le socchiuse. Questo gesto l’aiutò a riprendersi, capì che restare lì poteva rappresentare un grosso pericolo. I tamrai potevano essere ancora al villaggio. Non voleva, però, lasciare, in quello stato la povera Yelda: senza sepoltura o cremazione la sua anima non avrebbe potuto raggiungere Kuolem.

Preparò, in fretta, una piccola catasta di legna nel giardino di casa e vi depose Yelda. Accanto a lei dispose, con cura, anche la piccola cagnolina. Era sicura che Yelda avrebbe voluto così. Diede fuoco alla pira improvvisata e fu come incendiare la propria anima. La ragazza si sentì stordita, sopraffatta. Avvertì sintomi di nausea e sfinimento. Se voleva riprendersi doveva lasciare immediatamente Pewick.

Spronò Bora lungo la discesa verso Caer Belfrot e stavolta non tornò indietro. Aveva deciso di andare a Filla: Nim si era certamente diretto alla capitale. Ne era sicura, ricordò che giorni prima le aveva chiesto la strada per arrivarci. Doveva raggiungerlo: aveva troppe domande che necessitavano di risposte. Aveva bisogno, inoltre, di sostegno, d’aiuto per dimenticare quel terribile giorno.

Il vecchio Agas stava cercando, come faceva d’abitudine, piante medicinali nelle profondità del Bosco di Eswold. Aveva raccolto diversi esemplari d’artemisia con cui curava le infezioni delle ferite. Cercava ora delle foglie di timo con cui leniva la sua tosse mattutina. N’aveva avvistato un esemplare, ma non andò a coglierlo. Spinto da un impulso interiore, si diresse invece verso una sorgente d’acqua vicina alla pianta. Una strana sensazione, che arrivava dal profondo dell’anima, si era impadronita di lui: sembrò che qualcuno o qualcosa fosse in contatto con la sua mente. Prese dal suo zaino un fagotto con della polvere biancastra, n’afferrò un pizzico e la sparse nella pozza d’acqua, come si fa, quando si mette il sale nella minestra. L’acqua diventò repentinamente torbida. Subito, però, si rischiarò in una visione del villaggio di Pewick.

La capanna di Vincent era in fiamme. Accanto, una pira avvolta anch’essa dalle fiamme. Ecyl, vicino al pozzo, rimirava l’anello che aveva messo al dito.

Quello che temevo è accaduto! Devo correre dalla mia signora!”, pensò il vecchio.

Agas, a piedi, impiegò circa tre ore per raggiungere Pewick. La capanna di Vincent era ormai un cumulo di ceneri fumanti, quando arrivò sul posto: anche la pira era completamente consumata. Di Ecyl nessuna traccia. Vide la nicchia aperta alla base del pozzo e, come aveva constatato nella visione, Agas capì che Vincent aveva rivelato la verità alla ragazza. Scrutò nel terreno e trovò le impronte degli zoccoli di Bora dirette verso Caer Belfrot. “Forse sta andando a Filla” pensò.

Il vecchio Agas, in realtà, era il mago Agor Asrander, uno dei più potenti maghi della Terra di Grund, amico e devoto suddito del defunto Re Inghard. Nativo di Riland, un villaggio situato nel principato di Jamoor, ai margini della Foresta di Ebano.

Egli aveva un carattere imperturbabile, come ogni buon mago che si rispetti. Era pienamente consapevole dei propri mezzi e dotato di spirito intuitivo e creativo. Era anche molto rigoroso e dotato di un forte senso del dovere. Nei confronti di Ecyl era leale e protettivo.

Agor era l’unico umano che, negli ultimi mille anni, aveva visitato Isiliente e da cui aveva fatto ritorno.



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